Qui di seguito il trentacinquesimo capitolo del nuovo libro che ho scritto
IL GIORNO DELLA SALVEZZA
che è il diretto seguito del Vangelo Pratico, edito da Anima Edizioni. Spero così di fare cosa gradita a coloro che desiderano conoscere meglio il Vangelo Pratico e sapere come continuano gli approfondimenti. Attendo i vostri commenti e le vostre opinioni, anche in privato.
SE LA CONOSCENZA E’ UN PONTE, DEVE ESSERE SUPERATA
Dopo il capitolo precedente, si può addirittura aggiungere che pure oltre le speculazioni spirituali, su qualsiasi argomento, ognuno potrebbe dimostrare di avere ragione. Come potersi fidare di una voce piuttosto che di un’altra? E come scegliere tra i propri pensieri quelli che sono ispirati dall’alto e quelli stimolati dal basso?
La conoscenza che sollecita il percorso ideale per giungere alla Verità non può essere trasmessa da nessuno, abbiamo già riferito. Altrimenti, sarebbero informazioni esposte dall’opinione di un individuo. La quale sarebbe inevitabilmente soggettiva e opinabile di interpretazione anche se il maestro fosse una persona santa e illuminata.
Anche la gnosi più alta, pertanto, se diventa un materiale che si può apprendere e passare ad altri finirebbe per subire le leggi della realtà materica. E quindi non immune da mutamenti, transitorietà e così interpretazioni che possono lasciar adito a fraintendimenti. Inoltre, per poter essere percepibile, dovrà mostrarsi avversa a qualcos’altro. Pertanto, quando fa la sua comparsa una religione: essa dovrà pure provocarne una controparte eretica; intercettando il bene assoluto del Divino, sarà considerata anche la presenza del male; ne vengono considerati dei canoni e anche come violarli.
Allora, se la conoscenza può venire impartita in innumerevoli modi, tanti saranno anche i contrasti che ne seguiranno.
La ricerca della Verità è un’esperienza, prima ancora di una massa di conoscenze che verranno acquisite. Essa è pertanto un procedere verso la Verità e tale attitudine, che si dimostra come un desiderio, porterà a un cambiamento nel praticante. Tale cambiamento non è detto che porti anche a sapere testimoniare con esattezza sulla realtà, perché il praticante potrebbe non essere in grado di tradurre in pensieri le proprie suggestioni; ad esempio, per una mancanza di strumenti culturali. Ma la Verità non è finalizzata a un sapere di più oppure tutto, questo atteggiamento equivarrebbe invece a un altro desiderio, quello di ingrandirsi. Infatti, credere che la Verità farà conseguire la risposta a tutte le domande o a nuove conoscenze è un precludersi di accedervi. Perché sarebbe come un comportarsi aspettandosi già in quale modo sarà, come se la si conoscesse già. E sarebbe incoerente allora il mettersi a cercarla.
Non è detto, perciò, che la gnosi faccia diventare sapienti, nemmeno speciali. Potrebbe anche che si rimanga sempre gli stessi, perlomeno agli occhi degli altri. Il vero cambiamento, infatti, sarà nell’essere coscienti di sé e della realtà. Come quando per la prima volta si vede la propria immagine allo specchio.
Abbiamo già descritto questo momento come l’accorgersi di non essere in verità separati da Dio. L’uomo in realtà non è corporeo, benché usi vari corpi: fisico, mentale e altri ancora a seconda delle personali credenze. Però, con i propri corpi, egli ospita quel divino che così scopre non separato da sé: è sé. Un’unica, universale, coscienza.
E pure queste informazioni sono solo nozioni che si possono mettere in accordo con altre e in contrasto con altrettante. O almeno finché il praticante smetta di cercare di raggiungere le nozioni e cominci piuttosto a esserle. Nel dedicarsi alla ricerca, egli si ritroverà impedito a riconoscere come identificare la vera Verità, la reale Realtà poiché non è identificabile. Per il motivo che non può essere messa in contrapposizione con alcunché.
Questo è il trovare rifugio nel Padre. L’assenza di dubbi non è dovuta al convincersi di credere in modo risoluto in una cosa invece che in un’altra. Abbiamo già scartato l’affidarsi a credenze e idee, qui si riscontra una sincera pace. Essa è conseguenza dell’essere sempre meno sensibili verso le questioni che si alzano tra due poli in opposizione. Proprio come l’esempio nel capitolo precedente delle varie tifoserie che si dilungano in discussioni sul calcio o in guerre per imporre la propria presunta superiorità nei vari campionati. E facendo così, si perdono l’essenza di ciò che starebbe al centro della loro passione: il gioco. Raggiungere la Verità è allora un non vedere più tali contrasti e conflitti poiché non sono reali; nella nostra metafora: quei contrasti e conflitti non sono lo sport. Semmai lo è quello che vi rimane quando venissero levati: il mettersi a giocare.
Quindi, ulteriormente, tra due religioni in contrasto, ancor più che affermare che entrambe hanno ragione e hanno torto, come nel capitolo precedente, ora si può dire che la loro contrapposizione non è reale, ma, al massimo, illusoria. E se si toglie la contrapposizione che ciascuna religione ha con le altre, allora ci renderemo conto che non esiste nulla perché non vi rimarrebbe nulla. E così vale per ogni cosa in questa realtà duale. O meglio, ciò che vi rimane è la vera realtà, la Verità, l’assenza di contrasto, la pace. Quello che altrove abbiamo evocato con le immagini: Eden, l’unica Coscienza universale, il Padre.
Questo non vuol dire che per il praticante la realtà materica di tutti i giorni svanisce come per magia. È solo che per lui ogni cosa apparirà per quello che è: un equilibrio di discordanze fra due elementi. E tali disaccordi non sono insussistenti, perché creano le quotidiane esperienze e interazioni. Essi sono il modo che dà la possibilità alle cose di manifestarsi; di più: sono il modo per cui qualcosa di immensamente più grande può prendere forma in questa realtà.
Così, in ogni elemento, oggetto ed evento, anche laddove il loro contrapposto porti a una guerra, si sta manifestando l’assoluto, il Divino. Ed è grazie a questa consapevolezza che ogni cosa la si può accogliere e amare.
Pure nell’esempio maggiore qui proposto, delle religioni in contrasto tra loro: il loro divergere e scontrarsi è il modo in cui l’assoluto si palesa. L’aumentare e il diminuire dello spazio che personalmente si concede a tali contrapposizioni facilita l’efficacia del proprio comprendere l’assoluto e prendervi parte. Assistere meno alle sue manifestazioni (contrapposizioni) e maggiormente aderirvi, esserlo.
Pertanto, non c’è per davvero uno scegliere in quale filosofia riconoscersi o a quale cammino spirituale votarsi. Come non ci si deve preoccupare su quali intuizioni bisogna credere e quali no. Ogni volta che si avverte che si è nella posizione di dover imboccare una strada piuttosto che un’altra, si è ancora nella mentalità della realtà duale. Ovvero una mentalità che induce a schierarsi con il gruppo (cioè l’idea) che ci convinciamo essere il vincente. Non è che da un certo punto in avanti i dubbi o i bivi cesseranno, essi verranno semplicemente avvertiti per quello che sono: illusione. Segnalandoci così dove non è la vera realtà e indicarci verso dove trovare il rifugio, la pace.
Dunque, agli inizi, il desiderio di conoscere la Verità potrebbe portare il praticante a ricercare studi e argomentazioni da indurlo ad accumulare tante informazioni. Così tante da tentarlo forse alla resa. Perlomeno a causa dell’enorme intrico creatosi o, peggio, delle differenze di opinioni che procurano un non sapere da che parte andare, anziché una chiara direzione. Ragion per cui, a livello personale, come narrato nel precedente libro, l’unico vero passo in avanti per me è stato ammettere di non sapere nulla.
Per cui, la Verità si trova dietro a questa mole di informazioni che fungerebbero da risposta a una miriade di domande. Ogni volta che ci si convince di aver trovato una risposta, si crede anche di aver toccato la verità. Ma essa non lo è, è solo una risposta, ugualmente discutibile perché riflette certamente una dichiarazione a lei contraria. La conoscenza, allora, serve solo per farci accorgere dell’impossibilità di fissare cos’è vero e cos’è falso, dato che possono potenzialmente esistere entrambe le condizioni. La conoscenza è il ponte che porta alla Verità, quindi, per il motivo che essa non può fornire rifugio, deve essere soltanto concepita come “ponte” e superata.
E quando questo superamento avviene, tutta la conoscenza, paradossalmente, ci è a portata di intuizione. Per il mero fatto che il praticante si renderà conto che il punto di vista di ogni elemento della realtà non può vincere la gara contro il suo opposto su chi avesse ragione, su quale dei due sia vero, perché vero non lo è nessuno. In quanto questa realtà si esprime fatalmente in una perpetua compresenza di due poli opposti.
Di conseguenza, si può mancare di oltrepassare completamente il ponte della conoscenza quando ci si convince di aver trovato la verità in qualcosa in questa realtà. Bisogna andare oltre, pertanto; e questo vuol dire pure andare oltre quanto finora abbiamo nel nostro percorso per raggiungere la Verità rinvenuto come irremovibili punti di riferimenti. Vale a dire (nel nostro caso): il Vangelo, Gesù, Dio; poiché non sarebbero anch’essi che forme, delle idee che diamo a qualcosa che forma non ha. Ci sono servite da ponte.
Sarebbe più corretto affermare di andare oltre alle idee che abbiamo sul Vangelo, su Gesù e su Dio. Queste idee ci sono state utili fino a qui per andare dentro di noi e così trovare la Verità, che era già noi. Ora, queste idee, perlomeno quando inizieranno ad apparire come delle “idee”, possono essere messe da parte. E questo non per scelta, ma semplicemente perché, in modo naturale, non sembreranno più utili poiché insufficienti. Se non sono fondamentali, sono alla stregua di qualsiasi altra cosa alla quale ci si attacca per sentimentalismo. Si finirebbe per adorare e onorare delle semplici “idee”: dei pensieri che vengono formulati per poter capire, dare forma a qualcosa che non è capibile e forma non ha.
Tutto quello che ho conosciuto di Cristo, ad esempio, a questo punto non mi trattiene più qui di fronte a Cristo. Ma mi fa procedere oltre: tutto quello che ho conosciuto tramite il mio viaggio di conoscenza di Cristo, dell’amore divino e del Padre mi fanno andare al di là. Al di là di quello che significano, ovvero di tutte le conoscenze che potrei mai apprendere su questi concetti. Perché non avrei più nulla da imparare: lo sono.
Nessun commento:
Posta un commento