Qui di seguito il settimo capitolo del nuovo libro che ho scritto
IL GIORNO DELLA SALVEZZA
che è il diretto seguito del Vangelo Pratico, edito da Anima Edizioni. Spero così di fare cosa gradita a coloro che desiderano conoscere meglio il Vangelo Pratico e sapere come continuano gli approfondimenti. Attendo i vostri commenti e le vostre opinioni, anche in privato.
TU SEI L’ELETTO
Gesù è il Figlio di Dio ma non è l’unica manifestazione di Dio. Ogni cosa ospitata nella creazione è Sua manifestazione: è Dio. In questa ampia chiave di lettura e non solo per un rapporto dell’uomo con il divino, deve essere spiegato il motivo per cui Dio viene chiamato da Gesù “Padre”. Permette una visione più vasta e forte se si considera che è “padre” non solo per l’uomo, ma per l’universo intero. Proprio come nel mio corpo, ogni elemento, ogni componente è me; di ogni elemento io sono “padre”.
Nonostante ciò, l’esplicazione, che avviene per mezzo delle Sacre Scritture, è rivolta all’essere umano perché parlano dell’alleanza, del collegamento del divino con il materiale. Il motivo per cui Gesù vive la sua esperienza come uomo è infatti per affrontare tale esperienza partendo dallo stesso livello dell’essere umano. Non ci sono scusanti per gli uomini: Egli, poiché implicato nella carne come chiunque altro, ha dovuto affrontare le stesse vicissitudini di tutti noi. Passioni, tentazioni, vizi, caratteristiche ben precise della mente, del corpo e della personalità che possono limitare o influenzare il giudizio e le scelte personali.
Guardando all’Antico Testamento, Gesù vivrebbe cagionevole di commettere peccato e segnato dal peccato originario come chiunque altro. Il Suo lascito è quindi l’aver dimostrato non solo che è possibile uscire da tale struttura, ma anche in che modo.
Nella parte finale del Suo Testamento, Egli ci mostra anche la trascendenza alla stessa esistenza. Non importa quante volte si vive, muore e si rinasce, anche fisicamente: è sempre la stessa vita che avanza. Vivere più esistenze, anche se si muore fisicamente, è paragonabile a quando si confrontano periodi della propria vita che sono talmente diversi, come da adulti si ricorda se stessi bambino, da immaginarli come vissuti da due persone distinte. Questo continuerà fino a che l’individuo si perfezionerà spiritualmente diventando come Cristo. Nel Vangelo di Marco, si legge di un ragazzo dal lenzuolo bianco: è un episodio tra i più misteriosi. Quando Gesù viene arrestato, tutti coloro che erano con Lui si danno alla macchia a eccezione di questa figura vestita solo di un lenzuolo bianco. Difatti, rimanendo l’unico a seguire i soldati che si portano via Gesù, finisce fra le loro grinfie. I soldati lo afferrano ma lui, divincolandosi, si libera e scappa così che gli altri rimangono soltanto con il lenzuolo tra le mani. Nonostante a Gesù con la prevaricazione dell’arresto viene tolta la parola, Egli continua a insegnare: quel ragazzo simboleggia che se anche Gesù viene preso e fermato, continuerà a essere libero. E ovviamente incontaminato da ciò e benevole verso i soldati. Infatti il ragazzo dell’episodio fugge nudo (come se il lenzuolo fosse il suo intero vestito) e i soldati rimangono con un lenzuolo bianco, come se fosse un dono per loro. La lettura più nel profondo è possibile quindi se si sovrappongono Gesù e quel misterioso ragazzo.
A questo punto, delle utili precisazioni si possono scorgere oltre l’incongruente aspetto di scena comica di un ragazzo che corre nudo proprio in una pagina carica di dramma del Vangelo. Sia Gesù che quel ragazzo vengono afferrati dai soldati; inoltre, il ragazzo, se si guarda il testo originario, indossa una “sindòna”, cioè un lenzuolo che serviva per avvolgere le salme. Il doppio di Gesù, forse inventato dall’evangelista perché senza controprova storica, già anticipa che prossimamente Egli sfuggirà dalla presa della morte. E non è ancora finita.
I soldati rimangono con in mano solo il lenzuolo, cioè il vestito, e lo stesso è con Gesù se lo chiudono in una cella: hanno fermato solo il suo vestito, il suo corpo. Il messaggio iniziatico è, in questo caso, che il corpo può essere considerato come un semplice involucro non appena ci si avvia lungo il “giorno della salvezza”. Questo “giorno”, di conseguenza, per facilità di comprensione abbiamo riconosciuto che l’ha vissuto pure Gesù. Per preparare sé, e così facendo l’umanità, all’evoluzione progressiva.
Nel capitolo precedente, abbiamo ricordato che sbaglieremmo a non considerare con importanza il nostro corpo. E lo ripetiamo anche qui che si utilizza addirittura il termine “involucro” per indicare la propria struttura biologica, mentale ed emozionale. Esso, infatti, è preziosissimo in misura della possibilità che ci permette di attraversare questa dimensione. La quale, appunto, è perfettamente approntata a favorire la personale realizzazione. Quando penso al ragazzo dal lenzuolo bianco, penso che la vita non può comunque essere bloccata e fluisce irrefrenabile come fa l’acqua di un fiume.
In quella narrazione, i discepoli fuggono lasciando da solo Gesù. Quel ragazzo è l’unico che rimane e non si sa neppure chi sia. Quel ragazzo, perché non si ritira, si dimostra un maestro rispetto agli altri, eletto a mostrare la via.
Il termine “eletto” viene incluso in tutte le argomentazioni riguardanti la salvezza perché a essa l’eletto è destinato. Se uno è eletto, vuol dire che c’è stata una elezione, quindi Dio lo ha scelto: non è salvo per caso. L’eletto, quindi, nel corso della vita scoprirà la propria perfezione spirituale così da raggiungere la gloria di Dio e ugualmente mostrarne agli altri la via. Questo divenire giusti, secondo il percorso spirituale, è possibile, per chi segue il Vangelo, tramite la pratica. Per i cristiani, infatti, questo è il significato dell’espressione: essere “giustificati” in Cristo. Ma se tale giustificazione e quindi la possibilità di essere un eletto come sopra descritto è ottenibile con la pratica del Vangelo, come può esserci effettivamente una scelta? Se il Padre elegge qualcuno, vuol dire che altri non vengono scelti.
A tal proposito, per secoli all’interno delle Chiese cristiane si è ragionato su quando verrebbe scelto, da parte di Dio, chi salvare. Non si può prevedere chi sarà colui che si dimostrerà nel corso della vita un individuo in linea con Dio, anche perché non si può scrutare chiaramente il volere di Dio. Allora, per lo più, il dibattito è stato facendo riferimento al tempo: i salvi vengono all’occorrenza, a seconda della fede dimostrata o sono predestinati indipendentemente dal loro volere?
Se è Dio che decide a priori chi salvare, vorrebbe dire che l’uomo non ha il libero arbitrio; se è l’uomo a decidere, è Dio che si rivela alla mercé di quanto finiscono per volere le Sue creature. Si potrebbero intavolare le riflessioni appena fatte sul tempo e sull’eternità, e ci si potrebbe confondere leggendo una spiegazione importante da Efesini 1, 4, dove San Paolo descrive sé e gli altri suoi vicini come scelti da Dio “prima della fondazione del mondo”.
In questo punto viene mostrato come si può cadere nell’errore di dimensionamento del rapporto fra l’uomo e il Padre. Ovvero, il credere che il tempo sia fondamentale in tale rapporto come se l’uomo e Dio fossero separati, come si sarebbe potuto affermare nelle credenze in cui si colloca un Dio sopra a un monte o in un altro luogo preciso: noi siamo di qui e Lui è di un altro posto. E non invece leggere che se l’eletto lo è perché scelto prima della fondazione del mondo, allora egli è eletto da sempre e per sempre.
Non c’è nessuna gara per aggiudicarsi la salvezza oppure una lotteria che assegna un’attenzione speciale da parte di Dio, tutti siamo equamente proposti alla salvezza. Tutti siamo formalmente salvi, chiunque può raggiungere la santità, la beatitudine come il perfetto opposto. Sta alla personale condotta nel portare la vita che si sta propriamente muovendo, a garantire le migliori condizioni per favorirne la realizzazione.
Dio non fa alcuna preferenza, e la preoccupazione dell’uomo ad “attrarre” l’attenzione di Dio per aggiudicarsi la salvezza non ha peso. Se non nel rischiare di rendere insinceri e artificiosi i propri comportamenti. I quali fornirebbero solamente uno spreco di tempo ed energie perché possono essere dettati solo laddove ci si sofferma a giudicare cosa è meglio fare o no: anche in questo caso un mero lavoro mentale.
Per quale scopo, ad esempio, Dio elegge Isacco invece che Ismaele? Come sappiamo, l’eletto, Isacco, fu il primo figlio della stirpe di Abramo promessagli da Dio. Anche Ismaele è figlio di Abramo, ma finì per essere letteralmente scartato (destituito, per usare una parola contraria a eletto). I due fratelli erano così piccoli da non poter aver conquistato alcun merito di fronte a Dio, né tantomeno da poter liberamente scegliere se obbedirGli. Furono banali vicende umane che portarono Isacco a esser cresciuto per un avvenire glorioso e Ismaele a venir allontanato nel deserto e così destinato a morte certa.
Questa cronaca deve farci notare che non è possibile giudicare cosa ci porterà a una vita d’elezione e cosa no. Malgrado, in questo caso, addirittura in presenza di un diretto privilegio che il Signore conferisce a Isacco per la sua vita futura. Tant’è che, dopo che in quel drammatico modo Ismaele esce dalla Storia ebraica, misteriosamente ricompare, proprio attraverso quello stesso deserto, nel Corano, come capostipite nobile del popolo arabo.
Nell’irrisolvibile illogicità del Regno, bisogna tutti quanti definirci eletti. O perlomeno eleggibili, benché non ci sia nessuna campagna elettorale da vincere poiché tutti possiamo già condizionare la nostra realtà e quindi la nostra compartecipazione alla vita. È, pertanto, il personale volerci essere, il credere, l’aver fede nel mistero che ci aumenterebbe la partecipazione stessa alla vita, all’universo intero.
L’esempio è quello di un socio che aumenta o diminuisce i propri dividendi a seconda della percentuale di capitale che investe nell’azienda; esempio ancor più calzante rispetto all’immaginarsi un componente al tutto come una inconsapevole cellula per un corpo, come abbiamo suggerito di fare in precedenza. Da qui in avanti si deve iniziare a considerarsi dei concreti promotori di condizionamenti a favore o a sfavore del Regno. Altrimenti, a che scopo venir eletti, prendere posto al “governo”?
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