Nel mio modo di comunicare agli altri c’è creatività, ed espressione creativa è ciò che viene così trasmessa. Come già segnalato in altre occasioni, il mio intento è accompagnare le persone verso un qualcos’altro – che poeticamente chiamo “un altro mondo”. Per poterlo fare, non posso che ricorrere alla creatività, perché se usassi spiegazioni e descrizioni logiche e razionali, un altro mondo non lo potrei mostrare ma solo ipotizzare. Sarebbero congetture e non esperienze; con la razionalità si riescono a portare avanti discorsi e ragionamenti su qualsiasi cosa, però non posso trovare efficace solo il supporre o il parlarne. Ripeto: semmai, il fare un qualche tipo di esperienza.
E questo è possibile creando un paesaggio o un evento attraverso il quale, appunto, andare oltre il prevedibile (e il discutibile). E ciò è fattibile tramite la creatività e il realizzare immagini. È così che se il mio interlocutore, invece che con creatività ascolta con razionalità, viene favorita un’incomprensione. La quale si manifesta in un vero e proprio criticare quanto intendo condividere, fino a un considerare, da parte dell’interlocutore, quanto voglio trasmettere alla stregua di semplice fantasticheria, discorsi campati per aria o un qualche tipo di errore di valutazione… Come respingere una mia fotografia perché non testimonierebbe in modo dettagliato essendo sfumata, confusa, alterata, senza minimamente considerare che proprio quanto non pare accettabile dal punto di vista fotografico è il passaggio attraverso il quale andare oltre quell’immagine e, forse, vedere dell’altro – cioè, la differenza tra guardarla con mente creativa o razionale. Un interlocutore simile, come già precisato altrove, non è da criticare, ma da essere riconosciuto come il normale cittadino di una società che spinge i suoi abitanti a focalizzarsi su quanto percepiscono materialmente e con i propri ragionamenti.
Voglio confessare che questi fraintendimenti e le conseguenti critiche mi procurano sofferenza. Devo anche ammettere che a tutto ciò ho sempre reagito domandandomi come fare per poter invece far vivere quest’esperienza creativa anche alle persone che fraintendono e non mi capiscono, ovvero come far giungere pure a loro le informazioni che esprimo e così vivere l’esperienza di questo “altro mondo”. Ho cercato vari modi e mezzi per farlo, fino addirittura ad arrivare a spiattellare tutto ripulito da poesia ed enfasi in un libro; eppure, continuo a non essere capito. Non è che nessuno mi capisce, ci sono tante persone che accolgono quello che faccio e hanno piacere ad averci a che fare, venendo accompagnate dentro questo mondo immaginato attraverso visioni scandite da performance che trasformano l’individuo, Vangelo Pratico, alterazione della realtà, dominio dei suoi vari livelli e autosciamani. Quindi, il mio errore è stato il concentrarmi su coloro che non colgono, nell’urgenza di mostrare loro un’alternativa alla consuetudine e alla prevedibilità, e non occuparmi abbastanza di chi invece accoglie le mie proposte.
Ora ho compreso che coloro che equivocano quanto propongo, non lo capiscono non perché io sbaglio modo di pormi con loro o loro effettivamente non comprendono, ma semplicemente perché essi non sono ancora pronti a essere accoglienti con la creatività… Magari un giorno lo saranno, forse anche grazie a quel che ho fatto io che umilmente ha piantato un seme in loro di novità mentre sono così impegnati a credere solo in quel che percepiscono con i sensi e pensano con la mente. Oppure capiterà che sarò io a diventare più razionale intiepidendo la creatività; non è un essere giusti o sbagliati, ma su piani (o medium) differenti.
Ovviamente, non è una critica questa, anzi: sono adesso finalmente sereno che quel che faccio non viene sprecato anche se è respinto. Inoltre, se io mi dedico principalmente a convincere qualcuno che non intende essere convinto, finisco per ricevere solo contestazioni e ferite, oltre che a forzare la mia arte a un obiettivo che la potrebbe bloccare. È molto più prolifico (anche per il personale benessere) considerare che le persone a cui mi rivolgo sono coloro che accolgono la creatività.
Queste riflessioni le ho ricevute proprio osservando la gente con cui parlo; alcuni mi hanno fatto star male per un non capire che quanto io propongo sono immagini che potrebbero trasformarsi in altro, altri hanno accolto all’istante quanto dico loro senza aver bisogno di giudicare. In parole povere: cercherò di stare a contatto con le persone che non mi facciano star male proteggendo il mondo visionario che voglio offrire. Io non sono interessato a convincere le persone di qualcosa, guadagnare l’attenzione altrui, diventare qualcosa o qualcuno (ad esempio autorevole, ricco o un artista), o avere qualcosa di particolare (ad esempio ragione); e chi mi considera attraverso questi punti di vista sbaglia, e si tiene fuori dalla creatività. Io sono qui per creare delle immagini che seppure si porterebbero dietro dei significati o generano cambiamenti, questi sono conseguenza della creazione, non di qualcosa che voglio o non voglio io.
Tramite un approccio creativo, ogni cosa viene vissuta da ciascuno in modo unico e personale.
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