Leggo una poesia o espongo un quadro, metto in scena una performance: il pubblico si aspetta qualcosa, commette l'errore di avere delle aspettative.
Come se fosse davanti a un rebus e dovesse per forza cavarne fuori la definizione: c'è una mia foto completamente astratta e invece di guardarla cerca di capire cosa rappresenta o dove è stata scattata, se è digitale ecc. Forse l'arte bisogna semplicemente goderla e non si riesce a farlo in pubblico. Di certo, non contiene un messaggio ma una proposta. Sono sufficienti i primi anni di vita per apprendere come trasmettere un messaggio, mentre negli ultimi quindici anni ho tentato di imparare a raggirare la cosa seppure sto comunicando.
Piuttosto, l'opera d'arte comprova la molteplicità dell'interpretazione, e questo spiazza. Non ci si può aspettare qualcosa di stabilito o fisso; a parte che un'opera d'arte deve contenere la sorpresa, l'assurdità. Se invece contiene una sicurezza, un riconoscimento, un significato, siamo davanti a pessima arte.
Anarchia nel significato più alto: inscenare delle nuove forme, dei nuovi significati. Quindi, nella mia arte, io sono Dio e il mio quadro la mia celebrazione religiosa.
Ho avuto la fortuna di incontrare persone che hanno intercettato, della mia religione, le regole (i dogmi), attraverso le quali strutturo i miei lavori. Ogni artista dovrebbe avere la sua fede, dovrebbe mostrarci la (sua) verità; quando più in alto non può arrivare, abiurare e ripartire senza dogmi e senza fede, alla ricerca di un primo nuovo contatto.
Non mi contraddico se parlando della mia arte, qui metto a fuoco la sua vicinanza ad una religione e nel testo precedente affermavo quant'è lontana dalla spiritualità. Perché l'arte è effettivamente, anche nel caso che abbia sorgente dalla materia, un modo per passare in altri mondi, per elevarsi dalla terra.
Ho notato che: maggiormente trascendo la realtà per mezzo dell'arte, tanto riesco a essere concreto nella mia vita quotidiana; maggiormente latito la produzione artistica e tanto avrò difficoltà nel poggiare i piedi per terra nelle mie relazioni con gli altri. Più amo una persona, meno mi occupo del mio lavoro allo scopo di stare più tempo possibile con lei, con la conseguenza di "alienarmi" e non essere saldamente in grado di concretizzare una relazione. Non essere innamorato, lo capisco da quanto tempo passo nel mio studio.
Nessun commento:
Posta un commento