A partire dalla rivoluzione industriale e in modo ancor più evidente ai giorni nostri, le immagini diventano degli oggetti e dei segni che si possono riprodurre in modo identico all'infinito. Non esiste neppure più l'esigenza di copiare o di contraffare un'immagine, perché essa viene offerta assieme alla possibilità di replicarla in serie.
Non esiste più un'immagine originale e la sua contraffazione ma la possibilità di avere innumerevoli immagini identiche, equivalenti all'originale e per questo motivo senza alcuna capacità di proporre delle differenze. In scala, le immagini si fanno simulacri uguali le une alle altre come, infine, le persone che ne fruiscono.
Ciascuna immagine viene riprodotta dal fruitore per mezzo di un file, il quale, quindi, mostra ogni volta l'immagine originale: ogni immagine che ci appare e ci scambiamo attraverso i supporti digitali, è quella originale facendo così paradossalmente perdere la caratteristica basilare dell'immagine di essere unica ed eventualmente matrice di copie. L'unicità di un'immagine è quindi a questo punto dovuta esclusivamente dalla differenza strutturale del singolo supporto. La stessa economia e la sua commercializzazione è mirata alla diffusione e alla capacità di diffondere questa riproducibilità senza soluzione e contro la natura stessa dell'immagine caratterizzata da una nascita unica, originale e irripetibile; si trasforma in un modello per cui è indifferente la matrice.
La definizione stessa del reale è: ciò di cui è possibile fare una riproduzione equivalente.
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