Qui di seguito il quarantunesimo capitolo del nuovo libro che ho scritto
IL GIORNO DELLA SALVEZZA
che è il diretto seguito del Vangelo Pratico, edito da Anima Edizioni. Spero così di fare cosa gradita a coloro che desiderano conoscere meglio il Vangelo Pratico e sapere come continuano gli approfondimenti. Attendo i vostri commenti e le vostre opinioni, anche in privato.
IL SE’ E’ L’UNICO MAESTRO PER… SE’
Il fatto stesso che la realtà fenomenica esiste è la prova prima che c’è anche una realtà contraddistinta da assenza di fenomeni. Proprio perché nella vita di tutti i giorni ogni elemento ed evento che ha luogo esiste e si può manifestare solo grazie alla presenza di un suo opposto. All’interno della mappa, quindi, l’avventuriero che è sulla strada giusta inizierà a vederne le inevitabili contraddizioni nei comportamenti di chi gli sta attorno.
Così, la pace può avvenire solo a seguito della guerra, una manifestazione di forza è messa in scena dalla persona che si sente debole, si adottano gesti che vanno a svilire il fisico e la prestanza come il tabagismo quando si vuole invece mostrarsi prestanti, si affrontano i disagi del cambiamento climatico con soluzioni che si rivelano esserne una fonte (ad esempio perché inquinanti), e infiniti paradossi quanti sono gli agenti e gli eventi nell’universo. Inoltre, le contrapposizioni sono anche nella loro finalità, cosicché lo scopo dell’incarnazione su questa terra è quello di svincolarsi dall’incarnazione stessa.
Ciò è esattamente come quando si segnalava che lo scopo di un ponte o di una mappa è quello di venire oltrepassati. Essi rappresentano la conoscenza, la quale ha senso proprio nel suo portare dall’altra parte. Colui che in nessun momento se la lascerà alle spalle è la persona che si è innamorata di tale conoscenza. O meglio, l’amare quello che si diventa tramite la conoscenza. Un amore rivolto a se stesso e che brama l’ammirazione è egoismo, ricordiamo, il quale è l’opposto di un amore incondizionato che si vive nella vera realtà libera da qualsiasi condizione. Quando ci si riconosce abitanti della vera realtà (già chiamata come Dio o il Regno di Dio) si vede solo la realtà quotidiana, quella dove riscontrare contrapposizioni e così gli oggetti da amare. Altrimenti si sarebbe soltanto amore: con la presenza della realtà materica, si trova un destinatario a cui indirizzare l’amore.
L’uomo che raggiunge la Verità, infatti, prova amore verso ogni cosa di questa realtà. Come se fosse costantemente innamorato e con un amore che contatta ciò che è oltre le forme che quegli oggetti da amare hanno. Non si tratta di un amore che è trascorrere il tempo piacevolmente, ovvero intrattenersi benché ci possa anche essere l’affetto, il legame e un rapporto intimo. Perché egli rinviene la presenza di Dio e quindi di se stesso dietro a ogni forma di questa realtà.
Se a ogni elemento dell’universo e ogni evento che vi ha luogo ne togli i nomi che vengono usati per identificarli e le forme che assumono per manifestarsi, dietro vi è la non forma, la vera realtà, il tesoro oltre la realtà materica, Dio. Dietro ai nomi che si possono dare a un oggetto e dietro alla sua forma c’è Dio; e dietro ai nomi e alle forme di tutti gli animali, persone, eventi. L’intero universo e l’incarnazione dell’umanità sono una maschera che l’Assoluto usa per rendersi manifesto ed esperibile.
Se si levano tutte le parole che possono identificarti e descriverti, se si toglie la forma che prende il tuo corpo e i tuoi pensieri, rimane l’assenza di nomi e di forme. Tu sei il travestimento che Dio usa per essere attivo in questo mondo. E questo “travestimento” è la parte effimera e mutabile che sta sopra a quella più sottile e immutabile. Riconoscersi in quest’ultima è ciò a cui deve tendere il praticante.
L’essere umano è già il Dio che vorrebbe trovare, il tesoro oltre la realtà delle forme, la Verità al di là del ponte. Allora, chi meglio di se stesso può indicargli la giusta via? Se è sicuro della presenza divina in sé, allora il proprio discernimento intuitivo è il Vangelo perfetto per lui. Tutti gli altri versetti sacri scritti finora, sono sempre il medesimo eterno Vangelo a cui tutti i maestri hanno contribuito e che non giungerà mai a conclusione finché ci sarà uomo che non vivrà la Verità. Ma la parte che personalmente uno può aggiungere seguendo le proprie intuizioni è quella idealmente a lui più congeniale. Ognuno, quindi, ha la chiave del proprio successo in quest’impresa perché tutte le persone sono diverse ma pure tutte inconsciamente sanno già cosa fare e come raggiungere la meta a cui tendono, per il semplice essere sé stesse.
Il devoto diventa davvero un iniziato alla Verità quando vede che il maestro a lui più adatto che potrebbe mai incontrare è se stesso. Si accorgerà che il corpo, la mente e la vita che gli è capitata è, per come è lui, perfetta per lui allo scopo. Seguire maestri e studiare le testimonianze da loro lasciate daranno i frutti più preziosi quando si percepirà che non saranno mai del tutto sufficienti. I più grandi maestri e profeti sono indispensabili perché con le loro parole stimolano le giuste intuizioni a emergere direttamente nella persona che ascolta. Alla Verità ci si può arrivare solo da soli. E in silenzio, perché è nel silenzio che più facilmente si possono captare le spinte che provengono dal proprio sé originale. Meno si ha bisogno di parole e più la quiete ci circonderà: lì, Dio ci parla, la nostra parte più profonda ci segnala come fare per raggiungerla, perché sia lei a prendere il comando.
Questa conduzione è una rivoluzione, in quanto fino a quel momento era il nostro involucro, il nostro scafandro (vedi capitolo 39) a segnare il passo delle scelte. D’ora in avanti sarà invece la nostra coscienza, l’unica coscienza universale; si vivrà nel mondo come si è sempre vissuti, ma è un’altra coscienza a dirigere la nostra vita e a leggere quanto accade.
Al di là del nome che io possa avere, delle definizioni che posso affiancare dopo le parole “io sono” e della forma che posso prendere in questo mondo, in verità io sono e basta. Pertanto, indipendentemente da quello che possa succedere al mio corpo e all’idea che si ha di me, io sono senza forma e senza nomi. Sono semplicemente quello che è, puro essere e quindi inevitabilmente vero e immortale. E che avrebbe a disposizione l’intero creato, sia materialmente che spiritualmente (tutti i corpi, i nomi e la conoscenza). Perché essendo l’essere l’universale coscienza, tutti gli uomini sono l’unico essere, l’unica coscienza rinvenibile dietro ogni cosa.
Non è possibile contare quante sono le ipotesi che l’uomo ha ideato nel corso della sua Storia per spiegarsi chi è e cosa sia il contesto in cui vive. Tuttavia, al trascorrere dei secoli, quelle che sopravvivono sono quelle che vedono l’essere umano una mera facciata di chi egli è veramente. C’è sempre stato un riconoscere un gioco di mascheramenti e colui che lascia tutte le certezze per giungere alla verità constata che si tratta di una concreta sovrastruttura di più piani percepibili. I quali sono in comunicazione, congiunti o separati a seconda di quanto personalmente l’individuo si convincerà. Pure nella visione del ritenersi tutti anime scisse che si uniranno all’Assoluto dopo l’esperienza terrena.
Il tempo in questo universo è ciclico, come si riconosce, malgrado venga descritto e idealizzato come una linea che prosegue diritta. Pertanto, è logico considerare che le anime ripetano ciclicamente l’esperienza della vita successivamente alla morte corporale fino a che non abbiano individualmente carpito il tesoro della Verità prendendo coscienza di sé e di Dio; e quindi, se vogliono, uscire dalla ciclicità (dalla “mappa”).
Sappiamo che non ha senso perdersi in elucubrazioni e dibattiti su quale interpretazione della realtà sia quella appropriata poiché tutte hanno ragione o torto quando rientrano tra i perimetri della realtà delle forme, della mappa che è solo una pura e semplice esperienza per potervi, in verità, fuoriuscire. Si tratterebbe, oltretutto, di questioni legate strettamente alla sua meccanica. La quale è in modo concreto come viene creduta perché la convinzione dell’individuo la renderebbe reale. Non scordiamo mai dell’equivalenza fra ciò che anima l’essere umano e Dio: l’essere umano, appunto, al di là dei limiti della sua struttura biologica e mentale, è creatore, immortale, pervadente il tutto e onnisciente, come chiarito in questo capitolo.
Facendo partire da questo punto di vista le proprie considerazioni sulla realtà, le scelte della vita e le meditazioni silenziose, il fedele potrà sempre più intercettare esperienze e capacità sublimi. Proprio come se ne terrebbe all’oscuro nel piantare i piedi sull’idea di se stesso come animale o strumento della natura oppure nella convinzione che l’esistenza sia una semplice parentesi prima del nulla senza un solido scopo se non intrattenersi, trattenersi e trattenere il più possibile.
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