Qui di seguito il tredicesimo capitolo del nuovo libro che ho scritto
IL GIORNO DELLA SALVEZZA
che è il diretto seguito del Vangelo Pratico, edito da Anima Edizioni. Spero così di fare cosa gradita a coloro che desiderano conoscere meglio il Vangelo Pratico e sapere come continuano gli approfondimenti. Attendo i vostri commenti e le vostre opinioni, anche in privato.
LA VERA REALTA’ E LA VERA IRREALTA’
Nell’inquadrare l’universo attraverso parametri infiniti, non c’è nulla di inusuale ed esagerato. Chiunque è portato a considerare l’universo come sconfinato e immortale. E se interrogate su questi argomenti, molte persone asserirebbero che una simile visione è ovvia o addirittura insegnata fin dai primi anni di scuola. L’assurdità, piuttosto, è che tali informazioni cessino oppure si obnubilino quando si deve ragionare in misura locale e personale. La vita quotidiana, i luoghi che frequentiamo e l’epoca che attraversiamo non godrebbero delle stesse caratteristiche riconosciute al resto dell’universo. Benché l’uomo sia inserito nell’universo, pare poco propenso ad accettare di subirne le regole.
Si potrebbe giustificare che ciò sia connesso alla limitatezza del ragionare mentale. Come già affrontato nel corso dei precedenti capitoli, una mente funziona quando equilibra le informazioni attraverso una logica utile. Quindi, dovrebbe spontaneamente respingere la fatica di leggere il mondo attraverso regole basate sull’impossibilità di fissare punti di riferimento.
Tuttavia, in questo caso non si stanno contemplando elementi astratti come abbiamo fatto in precedenza manifestando il vicolo cieco nel cercare di spiegare Dio con il mero intelletto. Qui stiamo ragionando invece anche a livello materiale, terreno: la nostra realtà di tutti i giorni.
Infatti, come si è plasmata l’idea, la convinzione e di conseguenza si è costituita l’intera struttura logica che ci porta a ragionare tramite limiti e confini, allora, a un certo punto, ci si sarebbe anche potuti abituare a vedere invece il mondo come infinito analogamente al resto dell’universo. Prendere coscienza della realtà, realizzare in sé la coscienza divina (come diceva San Paolo: ricevere in sé la Rivelazione), comporta tale rivoluzione.
Non appena si rivoluziona la propria coscienza, diventa naturale sapere che lo stesso magnificente movimento a spirale della nostra galassia è pure dentro di noi. E lo stesso vale per la sconfinatezza dell’universo, la gamma innumerevole di sue varianti, le incalcolabili possibilità di sviluppo. E, con particolare attenzione, pure l’irrefrenabile ciclo di trasformazione (la complementarietà precisata nel precedente capitolo) che pone anche gli esseri umani a partecipare a una vita che non cessa mai. Malgrado ciò che possa capitare al corpo che si anima e all’evolversi dell’ecosistema in cui si è inseriti.
Nel corso del libro, abbiamo accennato che l’essere umano è invitato a fare tale esperienza materiale proprio per subire questi limiti. I quali comportano anche un aderire con i pensieri a una logica che guarda alla materialità e alla finitezza. E abbiamo anche puntualizzato che questa dinamica è ideale proprio perché in tale guisa permette di rendersi conto della vera realtà. Solo attraverso un’esistenza immersa in una menzogna si può avere la possibilità di realizzare la verità; proprio perché si è nella condizione di percorrere la via che mette a nudo l’errore di interpretazione.
Accettare, difatti, che si vive una realtà che non sia infinita e che non permetta opportunità infinite è accettare di vivere in un’irrealtà. Non si possono addurre scuse per vivere nella menzogna quando la si scopre.
A livello personale, l’individuo registra attraverso i sensi che le esperienze possono essere limitate e così giudicherà l’intera realtà. Come intuìto alla fine del precedente capitolo, è plausibile che la società spinga a concentrare le sollecitazioni dei suoi abitanti principalmente sui cinque sensi per così abituare a dare a questi la maggiore importanza. La conseguenza è appunto un imparare a vedere il mondo, e così la propria vita, attraverso lenti deformate. Non ci preoccupano le critiche politiche, quindi rimaniamo con l’attenzione su quello che ci interessa prima di ogni altra cosa: come l’uomo vive.
L’esito sarà, allora, che seppure la realtà rispetta leggi che dimostrerebbero una natura infinita, l’uomo vivrà in un mondo finito perché è così che lo interpreta. Lo possiamo constatare in qualsiasi nostra esperienza quotidiana: siamo noi, infatti, a creare la realtà che ci circonda a seconda dei nostri pensieri. In questo caso, addirittura, vivere un’irrealtà; la quale persiste finché non ci si riconosce, appunto, come gli artefici e non i consumatori finali. Come uno vive in un mondo finito, così può vivere in un altro infinito; oppure sotto l’influenza di altri parametri ancora. Sempre secondo il condizionamento creato dalla propria consapevolezza.
Prendere visione di ciò, deve esserci indispensabile come prova della capacità creatrice dell’essere umano. Riuscire a creare la certezza di vivere una realtà finita all’interno di una realtà in verità infinita dimostra il potere creatore di cui l’uomo dispone.
Il Vangelo, infatti, è un influenzare la propria coscienza per accedere al Regno di Dio. Proprio come in principio l’essere umano ha accesso a un regno di materia credendo a tutt’altri pensieri. Così da poter affermare che, ad esempio, la persona che riesce a raggiungere la soddisfazione dei propri desideri finirà comunque per vivere esperienze limitate, approssimative o addirittura controproducenti finché resterà convinto di abitare un mondo chiuso e limitato.
Pertanto, per esaminare la propria coscienza, è importante guardare a come si pensa. Così ci si scopre se si vive nella realtà o nell’irrealtà e, con la pratica fino a qui enunciata, accogliere la conoscenza che acconsente al cambiamento. Nell’irrealtà, per esempio, si è convinti che quando una cosa finisce è finita in modo assoluto: esiste l’inevitabilità, l’assenza di ciclicità, il procedere solo in linea retta. Perciò, nell’irrealtà è normale credere che se si muore, la vita finisca; se si consumano le risorse, esse termineranno; se delle persone migrano nel nostro paese a cercare un impiego, non ci sarà lavoro per tutti; se si destinano finanziamenti per certi progetti, non ce ne saranno anche per altri; se uno ha molti soldi, altre persone ne avranno di meno; per guadagnare di più bisogna privare il guadagno ad altri… Ma anche convincersi di non poter cambiare vita o modo di pensare perché è troppo tardi, che più anni passano e meno tempo rimane a disposizione, che non si può fare tutto o se si fanno tante cose non rimane la libertà per concretizzare i propri sogni, ecc.
E fino a che si considera ogni elemento che si vive, pure le cose più spicciole e quotidiane, come qualcosa implicato nelle leggi materiali e limitate, così la realtà tutta sarà. È esattamente il motivo per cui si è dovuto usare l’appellativo di illusione per parlarne, nei capitoli precedenti. Perché riguarda solo il personale modo di convincersene e il leggere di conseguenza la realtà. Così, anche qualcosa di incontrollabile e astratto, come la ricchezza, potrà essere vissuta in maniera differente a seconda della propria coscienza; al pari di una quantità di denaro definita che può stare nelle tasche di persone precise, oppure come è realmente: uno scorrere illimitato di denaro, come può essere l’irradiazione del segnale radio, che si diffonde nella propria vita a seconda di come personalmente ci facciamo antenne pronte a riceverlo.
Il passaggio più delicato per cogliere la complementarietà, infatti, lo si può affrontare sfruttando questa metafora. Si consideri che ogni elemento della vita, ogni cosa di cui si ha bisogno è come un dono che si può sicuramente ricevere; il modo per ottenerlo è il farsi “antenne”. Ogni dono, infatti, è al pari di “un’onda radio” perché non sono solo per alcuni, esse sono libere e per tutti. Raggiungono ogni luogo e non vengono ostacolate da nulla, l’importante è capire che bisogna farsi riceventi di queste onde. E così riceverne senza interruzione finché si rimane sintonizzati.
Se non ci si fa antenna, qualsiasi cosa desidereremmo, la si potrà avere solo come conseguenza dell’essere in contatto con una vera antenna ben funzionante. Cioè lo stare attaccati a qualcuno che si comporta effettivamente come ricevente di tale flusso, dal quale si possono raccogliere così degli avanzi.
In questo parallelismo, spiegando sulla ricchezza, un’antenna è, ad esempio, un imprenditore che polarizza il cosiddetto flusso di denaro attraverso i guadagni della sua azienda. I suoi operai sono coloro che, invece di diventare antenne a loro volta, si attaccano a una preesistente per captare qualche onda (il loro datore di lavoro che ricambia dell’energia apportata con il pagamento del salario). Gli operai non si rendono conto che, in realtà, sono la costituzione di un’antenna più grande di loro (l’imprenditore e la sua azienda). Come, probabilmente, neppure l’imprenditore è veramente conscio della sua natura. Entrambi, infatti, ricoprono questi ruoli casualmente: forse l’imprenditore, a contrario dei suoi dipendenti, si è fidato di intuizioni che lo hanno spronato a una via intraprendente.
E così è stato per i regnanti del passato fino al primo leader nella comunità dei cavernicoli. Ciascuno di noi, quindi, ha tutta la predisposizione per diventare regnante o imprenditore se attua una rivoluzione di coscienza. Attraverso il Vangelo pratico, comunque, scopriamo che la finalità non è ricoprire ruoli speciali all’interno della società, né tantomeno un mero trovare la formula per vedere diventare concreti i propri desideri. Tutti questi aspetti sono solo gli espedienti per permetterci il viaggio in questa realtà, non possono pertanto essere la meta del viaggio. Guarire dalla miopia verso la realtà, se stessi e le proprie capacità è la via per realizzare chi si è e realizzare l’infinito.
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