“La fotografia estesa” è la
proposta di immagini fotografiche ottenute attraverso foto e pellicole non
realizzate dall’autore. Come fotografo, Enzo Comin ha rinunciato alla
produzione di nuovi scatti fotografici per lavorare a partire da immagini già
esistenti e di cui si appropria. Per il progetto “La fotografia estesa”, Comin
attinge dalle fotografie trovate nel corso degli anni per delineare il profilo
di un totale altro. Partendo dal pressuposto che per “altro” si intende tutto
ciò che non concerne l’identico a sé, lo si può immaginare come un processo per
rappresentare la diversità nel suo significato più assoluto; anche non
esistente o immaginata. Una sorta di linguaggio universale in quanto suggerisce
elementi estranei all’autore ma che potrebbero essere riconoscibili da chi è
totalmente altro da lui.
Se Comin è in grado di realizzare
immagini che siano composte da elementi totalmente esterni da esse e da lui è
perché ogni immagine già esisterebbe ed evidentemente è potenzialmente
percepibile. Il punto di partenza di queste riflessioni è il riconoscere ciò
che si vorrebbe fotografare nelle foto scattate in passato (anche in quelle di
sconosciuti ritrovate per caso su una strada), come se ci fossero già
abbastanza foto a rappresentare ogni cosa oppure che tutto sia già stato
rappresentato. Infatti, nella sua professione, Comin replicava ad ogni scatto
quanto era già stato visto – sia perché la foto testimonia quanto abbiamo sotto
ai nostri occhi, sia perché è ogni volta una raffigurazione di una esperienza
che rientra nel prevedibile, nel riscontrabile. Di conseguenza, egli smette di
fare foto e il suo lavoro è un’iconografia trattata con immagini già vissute.
Il limitarsi ad immagini che già
esistono, libera paradossalmente l’autore dal copiare e gli permette di far
emergere qualche cosa di non visto, rimasto nascosto al momento dello scatto e
che ora può scoprirsi e sorprenderci. Questo non visto, questo “altro”, non è
nel semplice aggiungere o sottrare soggetti oppure nell’alterare la foto
iniziale, ma nel dialogo tra questi elementi che compaiono o scompaiono e nel
modo in cui le varie presenze sono tra di loro agganciate o sganciate.
Pertanto, all’interno delle immagini ci sono dei componenti che in modo
continuo si ripetono in ciascuna fotografia e che si possono evolvere in modo
indipendente da essa come un ospite che si sposti a proprio piacimento da una
foto all’altra.
In queste serie di fotografie
rielaborate, la presenza umana è onnipresente perché per andare a fondo
nell’alterità, lavorare sull’intimo è il modo più efficace: ecco che dai
ritratti compaiono presenze aliene.
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