Mostrare delle immagini (indicativamente\formalmente reali) in modo sovrapposto, congruente o confusionario, è una via per trattare l'unità. Sia l'impossibilità di unire mettendo insieme più elementi, che il riuscirci soltanto quando si compiono delle sottrazioni.
Tutto ciò deve essere considerato come una forma di terapia per poter allenarsi a vedere nella maniera più libera da pregiudizi e aperta l'universo, la realtà. In altre parole, per mettere in discussione l'ordine.
Che non si pensi però che mettere in discussione l'ordine sia evocato dal disordine (imperante in alcuni miei pezzi), ma nella caratteristica che seppure un'immagine è sovrappopolata di elementi, permane lo stesso una parte mancante o un vuoto. Come se il bordo non fosse chiuso: è lì che avviene qualcosa, che il lavoro non è più personale ma è come se lo avessi fatto anche per gli altri. Uno spazio vuoto, dove dovrebbe esserci la saldatura. Oppure, si può dire che quello che viene rappresentato, invece non rappresenta (non adempie).
E' molto difficile lavorare così perché, come un po' tutti gli artisti, tendo a essere egoista, a far trasparire la mia presenza nell'opera. Invece bisogna soltanto fare, senza una strategia personale.
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