10/04/14


Per collegare tutti i testi fin qui scritti.
Le mie opere utilizzano la tecnica della fotografia, del video e della performance e sono influenzate dagli esperimenti multidisciplinari sulle relazioni reciproche tra suono e immagini. All'inizio, qualche anno fa, ho eseguito performance coinvolgendo i passanti che casualmente incrociavo nelle strade. Le performance erano ispirate da mie poesie e le ho poi tradotte in lavori fotografici. Da qui, mi sono mantenuto un infaticabile viaggiatore: il diverso ritmo di ciascuna città costituisce un'influenza necessaria nei miei progetti.
Molti lavori fotografici elaborati in studio, appaiono non ancora terminati; come se ne fosse stato interrotto il processo di composizione e ancora oltre si potrebbe andare aggiungendo o sottraendo elementi. La superficie della pellicola diventa un campo su cui mettere alla prova la percezione visiva della realtà. Ogni opera parte da un'immagine reale, una fotografia, che raffigura un’esperienza della vita riconoscibile da tutti, su cui inizio a modificarne l'aspetto aggiungendo o sottraendo elementi. Non è cercato un procedimento abituale e premeditato: il sottrarsi di varie immagini e di varie pellicole permette la mutazione del visivo. L'avanzamento avviene per intuizione ed è tutto ciò su cui mi concentro privilegiando il lato estetico che raggiunge un aspetto astratto, piuttosto che quello figurativo, descrittivo. Il risultato è un generale senso pittorico, seppure si tratta di composizione fotografica; da qui il senso di ambiguità che suscita ogni quadro, oltre al sospetto che siano incompiuti. Si esita anche di fronte alle superfici su cui sono intervenuto materialmente, poiché viene mostrato un conflitto con lo spazio del quadro attraverso un lavorio di danneggiamento o mancanza di rispetto nei confronti della carta su cui la foto è stampata. Diversi livelli sormontati, mescolati, che si accavallano grazie a graffi o piegature non permettono all'osservatore di soffermarsi su una linea, una forma, una sfumatura. Gli elementi entrano in contraddizione fra loro a causa di uno stato emotivo agitato e ansioso che mi anima al momento della composizione. Seppure ogni lavoro è anticipato da riflessioni e studi, il momento della sua esecuzione è breve, repentino: è il momento in cui il mio immaginario di indefinitezza e precarietà del reale incrocia il materiale, il fisico.
Per mantenere un gioco di rimandi tra i miei mondi reali e immaginari, impiego per questi processi principalmente fotografie rinvenute per strada o negli edifici abbandonati che visito. Utilizzo, pertanto, la testimonianza del vissuto di qualcuno e lo avvio ad una metamorfosi. Tuttavia, non considero mia esclusiva la possibilità di tradurre una polita scena reale in qualcosa di estraneo, ma di ciascuno di noi; è la difficoltà di comunicare che rende unico il mio punto di vista: il senso di alienazione che suscita il mio lavoro è la prova di quanto l'uomo non sia nelle condizioni di esprimersi liberamente. In questa condizione, sono allora presenti diverse fasi di lavorazione distinte che ribadiscono la possibilità di entrare in conflitto fra loro: la casualità nel ritrovamento di immagini, l'intervento meticoloso e preciso sulla pellicola, la sua riproduzione in digitale per un adattamento che permetta la stampa, un ulteriore smantellamento materiale della stampa scandita da un ritmo nervoso che paradossalmente comporterà un risultato aperto ad imprevisti e casualità. Tale lavorazione propone un dialogo tra le tecnologie analogiche, quelle digitali e l'azione manuale ovvero sul ruolo che oggi ricopre la tecnologia e l'informazione tramite il confronto tra automatismo meccanico e digitale ed espressione individuale e impulsiva.
Più che un metodo per riportare il mondo attorno a sé, per me la fotografia è una pratica mentale, poetica, forse spirituale generata come modalità per smontare i segni visivi che incontro e a partire da loro, inventarne di nuovi: un mondo nuovo, in cui più realtà si sovrappongono, si smontano e si associano di continuo. Nei miei progetti, studio e rimetto in scena la storia completa della fotografia, dalle sperimentazioni con componenti obsolete alle inventive artistiche di un secolo fa fino alla commistione con la pittura. Praticando l'intera gamma delle possibilità e tecniche fotografiche converto il linguaggio visivo con nuovi segni caricati di emotività e simboli. Sono interessato, quindi, alla fotografia come oggetto e non come medium, infine sulle sue possibilità formali più che descrittive o di denuncia. Realizzo i miei lavori in serie suscitando una relazione fra ciascuna immagine: ogni pezzo, in una serie, ha lo stesso titolo che indica un'unica opera che si sviluppa in svariati progetti in comunicazione. Per realizzare un nuovo linguaggio, cerco di inserire quanto mi convinco di vedere nei sogni e nelle visioni, motivato dalla certezza che ogni individuo condivide una coscienza comune dalla quale provengono gli archetipi e i miti.
La confusione dei miei lavori è quindi organizzata a suggerire una sorta di energia che l'individuo si porta dentro e che può presentarsi con un simile lento ammassare immagini trovate e fonderle su più strati. Ogni lavoro lo si può considerare come testimonianza di un'azione, di un progredire o di uno "strabordare" del mondo interno e quello esterno.

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